Abilitati o nobilitati?

E così sono tornato! Che scompaio per un po’, non è la prima volta, ricordando il periodo in cui il sito è stato oscurato e con esso sono scomparsi tutti i miei scritti.
E probabilmente non sarà l’ultima, per gli alti e bassi del particolare tempo in cui viviamo. Non so come, né perché di questa pausa. Non stanchezza, né Covid, che per fortuna sono riuscito ad evitare, con alcune sane precauzioni, ovvio potendolo fare. Sarà però che ci siamo un po’ tutti fossilizzati su quello. Ed anche i nostri dibattiti – vedi la vivace chat di Marina – lo citano spesso, or per questo, or per quello, connessi alla professione. Certo di grandi novità di cui parlare non è che ce ne siano. Ma se vogliamo è tutta la nostra cultura che ormai è un arrampicarsi sugli specchi, un inventarsi cose di dubbia utilità e, nel caso particolare, una fantasmagorica ridda di interpretazioni più che l’esposizione di teorie certe e inconfutabili. Con inevitabili figure barbine negli abusati interventi televisivi. Il Covid è stata (anzi ancora è, perché tutt’altro che esaurito) una bella mazzata, soprattutto per la sanità (non con la S maiuscola, perché, salvo rare eccezioni, quella, dobbiamo purtroppo ammetterlo, non ce l’abbiamo). Ma, come si dice, non tutti i mali vengono per nuocere.
E per noi medici, almeno per i nuovi, ha portato la novità dell’abolizione dell’esame di abilitazione.
Finalmente qualcuno si è accorto che la laurea è di per sé “abilitante”. E tanto ci voleva? Dopo sei anni e una quantità di esami (oggi più di ieri) e la discussione di una tesi (più o meno farina del proprio sacco) un ulteriore “controllo di qualità”, essenzialmente ospedaliero, prima dell’agognata iscrizione all’Ordine. Un assurdo! Tanto più quando, nel colloquio sulle tre discipline (chirurgia, ostetricia e medicina), arrivava la domanda “strana”. Così a me, che avevo già un’impronta chirurgica, capitò che, tra i quesiti di medicina, mi venisse chiesto – lo ricordo perfettamente anche se sono passati “solo” quarantacinque anni – come valutare l’intossicazione da acido salicilico. Pur avendo sciorinato tutti i possibili sintomi che potevano aiutare a far diagnosi, il mio interlocutore non si ritenne soddisfatto. Perché? Pretendeva che gli avessi citato come dirimente la salicilemia. Questo mi costò due punti, così da non poter fare col punteggio complessivo finale il bis con il massimo conseguito alla laurea. Della salicilemia non ne ho sentito più parlare, né l’ho mai vista nelle tante sfilze di esami che mi è capitato di leggere in tanti anni. Caduta in disuso? Per curiosità sono andato a consultare sul web il manuale Merck dove è scritto: “Le concentrazioni plasmatiche sono utili per confermare la diagnosi e possono indirizzare la terapia, ma potrebbero essere fuorvianti se non clinicamente correlate”. E allora?
Omnia munda mundis!

30 giugno 2021
Giuseppe Gragnaniello


Pubblicato il Giugno 30, 2021