Dannata pubblicità!

Penso siamo tutti d’accordo che la pubblicità condizioni ormai le nostre vite. Ci arriva con ogni mezzo, soprattutto con internet, e ne è prova il fatto che, mentre sto scrivendo queste righe, di tanto in tanto appare un banner. E non sia mai cerchi una qualsiasi cosa: un algoritmo te la riproporrà centinaia di volte, anche se non ti interessa più. Svelando in tal modo quanto siamo controllati in fatto di gusti e abitudini. Alla faccia del consenso alla privacy che sottoscriviamo!

Ma è certo dai canali televisivi che siamo continuamente bombardati di “consigli per gli acquisti”: non solo le interminabili televendite, quanto tutte le frammentazioni della programmazione normale, con spots che si insinuano dappertutto, comprese le partite di calcio. Una volta di una sacralità assoluta, ora sono financo interrotte, sebbene per qualche secondo, pur sulle reti nazionali, per cui paghiamo comunque un canone.

È una pubblicità aggressiva, che con l’intento di fare cassa, offre un’immagine spesso distorta della realtà, che arriva a generare falsi bisogni, non sempre alla portata di tutti, con conseguenze talora tragiche. E non solo. Se pensiamo a tutti quei messaggi orripilanti e disgustosi che deliziano i nostri pranzi e le nostre cene, dove la televisione è abitualmente l’ospite d’onore, come quelli sulle nostre funzioni (o meglio disfunzioni) corporali.

Per quel che ci riguarda più da vicino, in tempi recenti sono apparse due spots al femminile a dir poco sconcertanti. O piuttosto di dubbio gusto, come hanno convenuto le stesse destinatarie. Il primo, dal titolo “#SenzaEtà”, mostra donne avanti negli anni, vestite solo dell’intimo, che ambiscono a conservare una sessualità (“È tutto meno complicato. Il sesso continua a piacermi”) malgrado qualche perdita di urina (ma quanto è diffusa e connessa all’età?).

Il secondo fa vedere in successione una mezza pesca, un’arancia, un origami e un ricamo all’uncinetto, tutti animati in un apri e chiudi, che simulerebbero i genitali femminili, tanto da terminare con la scritta inequivoca “Viva la vulva”, che è poi il titolo della campagna pubblicitaria per degli assorbenti igienici. Messa alla berlina, com’è nel suo stile colorito, da Luciana Littizzetto in Chetempochefa su Rai 3 per la sua manifesta inopportunità.

Non voglio sembrare un maschilista bacchettone, ma come si fa a proporre corpi non più giovani o simulacri vulvari con l’intento di “aiutare l’emancipazione femminile”, volendo sdoganare rispettivamente i “tabù della sessualità” e i “tabù dell’intimità”? È solo l’incontinenza a pregiudicare la sessualità della menopausa ed è solo quella, sebbene preziosa, la cosa più importante per qualsiasi donna? In verità c’è ben altro. Allora, prima di plaudire, riflettiamoci un po’ su.

 


Pubblicato il Dicembre 10, 2020