Figli alla patria

Anche se è passato un po’ di tempo, ma di mezzo ci sono pure state le festività natalizie, voglio tornare sull’articolo giornalistico in cui si diceva che la Lega in Emilia Romagna ha proposto uno screening di massa per i giovani maschi che abbiano compiuto ventisei anni. Definire tale intento allucinante è davvero poco, soprattutto oggi che il sistema sanitario si dibatte in una crisi senza precedenti e senza prospettive che già mortifica i molto più importanti screening tumorali, a loro volta interrotti dalla dannata e ancora non superata pandemia.

Ma, più che ovvio, non solo per quello! È per il fine che si propone, che non è tanto garantire lo stato di salute dei cittadini italiani, quanto di convincere subdolamente gli interessati a sbrigarsi a riprodursi. A fare figli, come si incitava in tutti i modi nel ventennio fascista. In questo tempo disgraziato un messaggio, non l’unico, di cattivo gusto e che segue un altro, sempre della stessa matrice politica, in cui si prospettava di dare un contributo a chi convola a nozze, ma solo se il matrimonio avviene in chiesa. Quindi, prima ancora dei futuri neonati, già una distinzione dei genitori in figli e figliastri.

Ma questo modo di pensare ha origini molto lontane. Non proprio da Adamo ed Eva, con la maledizione che li congedò dal paradiso terrestre “Crescete e moltiplicatevi”, ma quasi. Mi riferisco ad un evento in stretta connessione di 55 anni fa, la promulgazione dell’Humanae Vitae, l’enciclica contro la pillola, da parte di Papa Paolo VI. Era il mitico 1968, l’anno della rivoluzione e liberazione sessuale, e, manco a farlo apposta, l’anno in cui quella maledizione si perpetuava, rendendo così vano quel controllo delle nascite che, forse, non ci avrebbe portato agli 8 miliardi di oggi su una Terra in affanno.

Certo non è stato solo questo, considerato che tutto sommato il messaggio era rivolto ad una minoranza, quanti sono i cattolici nel mondo, mentre molto più negativo è stato il fallimento delle tre conferenze internazionali su popolazione e sviluppo (Bucarest 1974, Città del Messico, 1984, Il Cairo, 1994) dove ha sempre prevalso il rifiuto della maggioranza, cioè i paesi in via di sviluppo, all’imposizione di politiche demografiche. Sarebbe potuto accadere qualcosa di diverso? Chissà! Intanto si è continuato a fare figli senza alcuna programmazione con i risultati che tutti vediamo.

E così abbiamo fatto anche noi in Italia. Dove la pillola non è mai decollata, né è andata meglio con gli altri metodi contraccettivi sicuri, affidandoci, e non da buoni cristiani, al coito interrotto. Con tutti i problemi conseguenti, come un buon numero di aborti evitabili per gravidanze non volute. Ma anche tante se ne volevano e lo ricordiamo bene noi ginecologi che ci abbiamo marciato. Poi, quando il tempo delle vacche grasse è finito, quando è iniziata quella crisi che da trent’anni non ci scrolliamo di dosso, la curva ha cominciato una pendenza che stenta ad aver fine e ha messo i ginecologi alla canna del gas.

Non si fanno più figli anche per un cambio di mentalità, che tra l’altro porta a privilegiare l’aspetto ludico sul riproduttivo. Se a questo si aggiunge l’atavica carenza di incentivi e sostegni adeguati il misfatto è fatto. Hai voglia a proclamare editti! A ripopolare la bella Italia ci penseranno quelli in soprannumero, i migranti, che faremmo bene ad accogliere. Noi potremo prenderci il merito di aver salvato il Pianeta. E forse anche i Cinesi, dato che anche loro, notizia di oggi, hanno problemi di denatalità, per ragioni non diverse dalle nostre.
Tutto il mondo è paese!


Pubblicato il Gennaio 16, 2023