Frottole

Qualche anno fa la Regione Puglia, nell’ambito delle politiche di contenimento della spesa sanitaria, aveva disposto che, fatto salvo il giudizio del medico, pur sempre ispirato da scienza e coscienza, si desse la preferenza, a parità di efficacia, ai farmaci equivalenti, cioè quelli simili in tutto e per tutto ai prototipi originali, prodotti a costi notevolmente ridotti (si parla di un risparmio fino al 60%, allorquando scade la validità dei brevetti.
Questa decisione non era un fatto locale in quanto da tempo il Ministero della Salute, sempre per lo stesso motivo, aveva già fatto campagne d’informazione per incentivarne l’uso, che ancor oggi continua a destare molte perplessità, quel che più conta non solo nella gente comune, ma pure in molti medici, anche tra i nomi di prestigio della docenza universitaria.

Più che scontato quindi che se ne faccia un uso piuttosto modesto.
Eppure sul sito dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) si legge: “I medicinali equivalenti sono guardati con diffidenza da molti pazienti, anche a causa di informazioni spesso scorrette che si sono diffuse sulla loro presunta minore qualità rispetto ai farmaci di marca (i cosiddetti medicinali “griffati”). Un medicinale equivalente ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa del medicinale di riferimento e rispetta i tre requisiti fondamentali necessari ad ogni medicinale per ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio: qualità, sicurezza ed efficacia”. E allora?
Come sempre succede, fatta la legge giunto il ricorso. Da parte di tre aziende farmaceutiche, che però risultarono soccombenti. Il TAR Puglia infatti con tre sentenze confermò la disposizione della Regione che aveva come fine quello di “garantire ai cittadini il meglio con le risorse disponibili”, utilizzando “farmaci di pari efficacia terapeutica e tollerabilità, ma di minor costo”. In tempi di crisi perdurante…

Del provvedimento due cose restano difficili da digerire: la libertà di scelta del medico e l’applicabilità limitata ai nuovi trattamenti (chi ha già iniziato con farmaci griffati continuerà ad assumere gli stessi). Se la prima, pur nel rispetto verso la categoria, può generare qualche sospetto quando ci si appella alla “assoluta priorità per la salute del paziente”, la seconda è del tutto incomprensibile, posto che i due farmaci, il più caro e il meno costoso, sono “equivalenti”, per cui non si capisce perché non sostituibili.
Di seguito si apprese dalla stampa che, nota la conferma giudiziaria, alcuni colleghi (reumatologi) si espressero favorevolmente, dicendo che non vi erano problemi, mentre altri (oncologi) manifestarono non pochi dubbi su farmaci a loro parere ancora troppo “chiacchierati”. Discorso non molto diverso da quello che fanno tuttora tanti e tanti medici di famiglia quando si trovano a prescrivere un principio attivo presente anche sotto forma di “generico”, sempre non credendo nell’affidabilità del prodotto.
Alla fine, cosa pensare?
Vien da chiedersi: da che parte sta la verità? O forse, più concretamente, chi racconta frottole?


Pubblicato il Febbraio 20, 2023